R.I.P.

martedì 26 ottobre 2010

27: ORRORE


Orrore, sangue dappertutto, la mia apparizione ha scatenato l’inferno in un mondo di sensibili, sensibilissimi, uomini donne fragili, strutture organiche e legami deboli, orrore ho devastato un pianeta, mi è bastato chiedere: “Scusi, ma che mondo è questo?” e l’onda d’urto così generata ha spazzato via tutto, una esplosione abnorme di sangue, la gente esplodeva, le case esplodevano, le città le strade i ponti le valli, i monti le nubi gli oceani i laghi, tutto scoppiava e scoppiava, tsunami di sangue, terre e maremorti, disintegrazione, annullamento, orrore, cataclisma, estinzione totale.

lunedì 27 settembre 2010

26: 3... 2... 1... VIA!


Ma sì, ma chi cazzo se ne frega, ma vaffanculo tutto quanto, ma che stiamo qui a pensare! Mio fratello si è trasformato in un rinoceronte e non so come riportarlo indietro a fattezze pseudo-umane? E chi cazzo se ne frega! E poi, detto tra noi, Giocondo sembra stare benone, lo nutro come un signore, lo lavo, e impazzisce di piacere quando gli scartavetro gli zoccoli: per me non se l’è mai passata così bene in vita sua. E la ragazza del cassonetto? Non pensiamoci, pazienza. Dipende da me? No! Mi amerà? Lo spero, magari! E se non mi ama? Chi se ne frega! Sì, sì, chi se ne sbatte: c’è una infinità di mondi lì fuori, di donne dalle tette grandi e morbide da cullare, donne dai cervelli fini da adorare! Ci sono spiriti maestosi pronti a strizzarci l’occhio, vagonate di destini multipli, svariate apoteosi, baratri evitabili e certo, certo, anche fatalità implacabili e pesanti; tragedie, chiaro, ma chi cazzo se ne frega! Via, via! Dov’è il mio aggeggio? Dov’è l’argagno? Il teletrasporto, a me! A me! Via le lenzuola sonnolente che lo ricoprono! Fuoco alle polveri che ricoprono le superfici! Andiamo, andiamo! Verso l’ignoto, settando i parametri a casaccio! Tirando queste porche leve, facendo sfrigolare questi circuiti, abbracciamo il tempo e lo spazio, che siamo figli loro!
3…
2…
1…
Via!

sabato 24 luglio 2010

25: RINO GIOCONDO


È successa una cosa singolare.
Come ricorderete il mio fratellastro, rincasato da un lungo viaggio, azionò il teletrasporto scambiandolo per un ordinario apparecchio televisivo.
Ebbene, pensavo che quell’aggeggio funzionasse unicamente con me, in accordo alla mia struttura molecolare, ma mi sbagliavo: anche Giocondo è stato teletrasportato.
L’ho ritrovato nel solito cassonetto, o meglio ciò che restava di esso, perché è sostanzialmente esploso dato che Giocondo si è rimaterializzato sotto forma di rinoceronte: più o meno 3,5 m di lunghezza per 1,5 di altezza e una stazza di un paio di tonnellate abbondanti, a occhio e croce...
La cosa, tuttora, resta inspiegabile.
Per il momento l’ho sistemato in garage e mi sembra in salute, anche se malinconico, ma lo capisco. Non è incredibile quanto sia precaria la nostra esistenza? Nei tempi dei tempi siamo attimi, vaghe strutture molecolari, piccoli e sublimi equilibri di sostanza instabile.

giovedì 3 giugno 2010

24: VISITA A SORPRESA


È successo che sono riuscito a riprendermi, almeno in parte. Il teletrasporto riposa inutilizzato nel salotto, non oserei riaccenderlo per nulla al mondo visto come mi sento, ma almeno ho ripreso a uscire di casa. Anzi, ho fatto di più. Ho trovato lavoro. Ho disseminato il quartiere di annunci e ora riparo elettrodomestici al vicinato. Devo dire che gli affari vanno a gonfie vele. Inoltre, mi fa bene occuparmi di cose pratiche, tenere la testa impegnata: non sono costretto a pensare a lei.
Gli unici momenti difficili sono quelli in cui mi trovo costretto in strada allo scoperto, diretto a sistemare uno scaldabagno o un fon, e il cuore comincia a battermi furiosamente al solo pensiero di poterla incontrare. Non è ancora accaduto, perché mi aggiro furtivo sfruttando le ombre degli alberi, accucciandomi dietro le auto parcheggiate, filiformandomi dietro i lampioni.
Quando viene sera, però, mi sento oppresso da un sentimento che non saprei definire, cerco mentalmente una risposta che non so darmi, e succede che resto a fissare per lunghi minuti le nuvole in cielo.
O-oh, hanno bussato alla porta… Chi sarà? Non aspetto nessuno. E se fosse lei? No, non è possibile.
Bussano ancora, più forte, mi decido e vado ad aprire.
Prima di realizzare chi o cosa ho di fronte, due braccia poderose mi ghermiscono e strizzano contro un petto e una panza enormi: “Ubaldo!”, esclama l’energumeno.
Conosco questa voce. Eccome. Non può che essere… “Giocondo?!”
“In ciccia e ossa!”, ride il mastodonte lasciandomi andare, poi entra in casa trascinando al seguito due grosse sacche da viaggio. “Non chiedermi di dirti da dove vengo e cosa ho fatto negli ultimi due anni,” dice Giocondo mollando le sacche in entrata, “perché è una storia lunghissima e ora sono troppo stanco. Devo riposare, ho camminato chilometri per raggiungere questo cazzo di quartiere dove vivi e le mie povere ginocchia gridano pietà.”
Detto questo adocchia il divano, lo raggiunge con quattro passi da elefante e lascia franare la sua enorme, sudata e barbuta massa con un tonfo. Il divano si sfonda immediatamente.
“Bella merda di divano.”, mugugna Giocondo con una smorfia; appoggia le gambacce sul tavolino e anche quello si schianta. “Insomma, è qui che ti sei sistemato?”, sbuffa il mio fratellastro guardandosi in giro, “Fa parecchio cagare.”
“A me basta e avanza.”
“Sei sempre stato un po’ sfigato, senza offesa. Dunque, Ubaldino, non sei contento di rivedermi? Hai una faccia da culo che basta e avanza.”
“Ti davamo per disperso.”
“E invece eccomi qua. Ma, scusa se insisto, lo sai che hai una cera veramente merdosa? Scommetto che sei innamorato.”
Se c’è una cosa che mi ha sempre stupito di Giocondo è che ci azzecca sempre quando vuole analizzarmi. “Ho indovinato, vero?”, insinua sorridendo. “Lo sapevo. Bè, lascia che ti dica una cosa: mi sono innamorato anche io. Stamattina, per essere precisi, in un supermercato. Ma vieni qui che ti racconto.”
Mi fa cenno di sedermi accanto a lui sul divano, come quando eravamo piccoli e lui mi iniziava, da fratellastro maggiore, ai misteri della vita, per poi costringermi in virtù di quella complicità a fare cose di cui mi sono sempre pentito.
“C’era questa donna,” racconta Giocondo sognante, “bellissima. Del colore del miele di castagno, riccioli fitti e neri, che sceglieva dei pezzi in offerta da un cestone pieno di lingerie.” Arrossiamo entrambi al pensiero del cestone. Lui continua quasi in un sussurro: “Dovevi vedere, Ubaldo, con che delicatezza tastava il tessuto di quel reggiseno tra pollice e indice per valutare se fosse buono per la sua pelle fine…”
Giocondo rimane in silenzio, rapito, poi si riscuote e dice, in lacrime: “Forse non la rivedrò più, non sentirò mai più il suo profumo, e questo pensiero mi fa impazzire.” Abbassa il capo, i capelli lunghi e unti dondolano e gli sfiorano la pancia gonfia. Singhiozza.
Lo circondo con un braccio e gli faccio forza, perché so quanto possa soffrire.
Lui rialza la testa, lo sguardo ferito ma forte, e dice: “Ma noi siamo uomini, giusto?”
Annuisco.
“Allora portarmi qualcosa da bere, ti va?”
“Ti prendo una birra.” dico alzandomi.
Vado in cucina e, mentre ficco la testa nel frigo alla ricerca di qualche birra, lo sento esclamare: “Ma che minchia di TV è mai questa?!”
“Non toccarla!”, grido. “Non è più una TV!”
Troppo tardi: odo un suono familiare, corro di là e Giocondo è sparito.

domenica 16 maggio 2010

23: MENTE LOCALE


Mi sembra il caso di fare mente locale, dopo circa un anno da quando tutto è cominciato, da quando accidentalmente da un televisore scassato ho ricavato il teletrasporto.
Dove sono arrivato?
Fisicamente sono andato distante, questo è chiaro. I primi viaggi, nel panificio sotto casa o giù al porto, sono nulla rispetto ai mondi che ho visitato e che forse nessun altro essere umano potrà mai visitare. Mi chiedo a questo punto come starà Clelia, la bellissima U-oide del pianeta U-126/127. Fui costretto a lasciarla proprio quando le cose tra noi sembravano promettere bene...
Bè, starà facendo la sua vita, come tutti.
Ma allora questo viaggiare forsennato, mi domando, non mi ha portato fuori strada? Non avrei forse dovuto procedere con ordine, considerando anche i rischi che ho corso in più di un’occasione?
La colpa non è solo mia, però: dove la mettiamo l’instabilità del teletrasporto, la più inaffidabile e imprevedibile delle mie invenzioni? Metterla a punto è stata una fatica immane, e chissà se ho finito di farlo o finirò mai. Ho passato le ultime settimane a smontarla e rimontarla, ho addirittura frizionato ogni componente con dell’olio di mandorle giapponesi che non mi ricordavo nemmeno di possedere. Oggi però mi sembra tutta fatica sprecata e mi dico che se fossi furbo il teletrasporto non lo accenderei più, mai più…
A proposito di furbi, è successa una cosa che mi ha fatto girare le balle parecchio, e forse è proprio questo che mi ha depresso tanto da accasciarmi sul divano con in mano una tazza di caffè ormai freddo. Qualcuno si ricorda di quanto era accaduto dopo che avevo assemblato la mia seconda tuta? Mi riferisco all’idea che avevo avuto di progettare e commercializzare un modello multiuso per astronauti, sciatori e palombari pensando che, per chi pratica più di una di queste attività, sarebbe stato fantastico avere una sola tuta invece di due o tre, o più.
Avevo realizzato un progetto che mi era però stato rubato da qualcuno in possesso di un ragno meccanizzato fatto di gelatina, un ragno in grado di superare i miei sistemi di sicurezza rudimentali.
Da quel momento non ci ho più pensato, fino a poco fa, quando ho scoperto che quel ladro misterioso ha un nome: GENERAL VESTI.
Quei vigliacchi hanno prodotto e commercializzato la mia tuta per soli 99,99 euro! “Compratela ora o frignate per sempre!”, è lo slogan, il più idiota che potessero immaginare, eppure ne sono già stati prenotati 2537 esemplari. Si vede che l’idea era vincente. Mi sento male se penso che almeno la metà di quei 253.674,63 euro dovrebbe essere mia…
Ma sarà questo il problema?
Chi se ne frega dei soldi, dico, è davvero questo il problema? Ubaldo, mi chiedo, è proprio per questo che ti senti inadatto, instabile, imbecille? O non sarà che hai scoperto che quella ragazza vive non lontano da qui?
Non ho più il coraggio di uscire da quando l’ho incontrata, da quando mi ha visto uscire nudo dal cassonetto. Ho passato due settimane chiuso in casa, mi sono nutrito del cibo che mi hanno portato parenti e amici, ho spiato compulsivamente dalla finestra giù in strada: tre volte l’ho vista passare qui sotto e davanti al cassonetto sono sicuro che ha riso. Non platealmente, non sarebbe da lei, è una persona sensibile, lo sento. Diciamo che ha sorriso, eppure in quei momenti ho sentito il cuore saltare e mancare un colpo e ora mi domando: se mi sforzassi, se non mi ingannassi, confesserei che non è di vergogna che sto parlando?

sabato 17 aprile 2010

22: E' ANDATA COSì...


Momento relax: musica a palla, mi stiracchio un po', poi birretta e accenno due passi di danza mentre mi spoglio prima di andare in doccia. Lancio le vesti e le mutande s'impigliano su una leva azionando accidentalmente il teletrasporto. Risultato: finisco nel cassonetto sotto casa, da cui riemergo proprio quando una giovane donna, di cui ho abbozzato un ritratto, passa di lì e rimane un po' così.

sabato 13 marzo 2010

21: ODE AL SUPERTELETRASPORTO


che potenza raggiante
che sfavillio continuo
che basso cadenzato sulle curve del cammino

che lumi rigogliosi
che valvole ribelli
che circuiti ricorrenti e connessioni sorprendenti

quante visioni e quanti incontri
colori e panorami
legami elastici
desideri vaganti
sogni tanti

mi domando dove sono finito
se tutto ciò che vedo sia reale o immaginario
non capisco il senso di ciò che mi circonda
o lo colgo solo in parte
lo interpreto male
forse sono stupido
è una possibilià

mercoledì 10 febbraio 2010

20: COLLAGE


Più di due settimane sono passate e solo adesso mi riprendo, piano piano.
Ho passato questo tempo adagiato su un fianco a guardare fuori dalla finestra, ripensando a ciò che è accaduto nello spazio, ai fatti cui ho assistito.
Le cose sono andate così: quando è scoppiata la rivoluzione mi trovavo nella mia stanza e istintivamente afferrai il ritornatore e provai a tornare sulla terra.
Purtroppo quegli stupidi alieni avevano armeggiato col mio prezioso strumento e non so perché invece di teletrasportarmi a casa sono diventato invisibile.
Risultato: mi sono dannato per trovare gli attrezzi adatti a risistemarlo.
L'invisibilità mi ha permesso, se non altro, di girovagare e assistere a quel delirio senza esserne coinvolto: non mi sono soffermato più di tanto, però, ormai ne avevo abbastanza di quel mondo.
Era ora di tornare a casa.

ps: ho fatto un collage un po' ripensando a ciò che ho visto e un po' no.

venerdì 22 gennaio 2010

19: RIVOLUZIONE


Sono tornato e sono un'altra persona.
Lascio alle spalle esperienze di enorme portata.
Mi guardo attorno e mi chiedo come affrontare la situazione.
Nulla è apparentemente mutato in me.