R.I.P.

domenica 16 maggio 2010

23: MENTE LOCALE


Mi sembra il caso di fare mente locale, dopo circa un anno da quando tutto è cominciato, da quando accidentalmente da un televisore scassato ho ricavato il teletrasporto.
Dove sono arrivato?
Fisicamente sono andato distante, questo è chiaro. I primi viaggi, nel panificio sotto casa o giù al porto, sono nulla rispetto ai mondi che ho visitato e che forse nessun altro essere umano potrà mai visitare. Mi chiedo a questo punto come starà Clelia, la bellissima U-oide del pianeta U-126/127. Fui costretto a lasciarla proprio quando le cose tra noi sembravano promettere bene...
Bè, starà facendo la sua vita, come tutti.
Ma allora questo viaggiare forsennato, mi domando, non mi ha portato fuori strada? Non avrei forse dovuto procedere con ordine, considerando anche i rischi che ho corso in più di un’occasione?
La colpa non è solo mia, però: dove la mettiamo l’instabilità del teletrasporto, la più inaffidabile e imprevedibile delle mie invenzioni? Metterla a punto è stata una fatica immane, e chissà se ho finito di farlo o finirò mai. Ho passato le ultime settimane a smontarla e rimontarla, ho addirittura frizionato ogni componente con dell’olio di mandorle giapponesi che non mi ricordavo nemmeno di possedere. Oggi però mi sembra tutta fatica sprecata e mi dico che se fossi furbo il teletrasporto non lo accenderei più, mai più…
A proposito di furbi, è successa una cosa che mi ha fatto girare le balle parecchio, e forse è proprio questo che mi ha depresso tanto da accasciarmi sul divano con in mano una tazza di caffè ormai freddo. Qualcuno si ricorda di quanto era accaduto dopo che avevo assemblato la mia seconda tuta? Mi riferisco all’idea che avevo avuto di progettare e commercializzare un modello multiuso per astronauti, sciatori e palombari pensando che, per chi pratica più di una di queste attività, sarebbe stato fantastico avere una sola tuta invece di due o tre, o più.
Avevo realizzato un progetto che mi era però stato rubato da qualcuno in possesso di un ragno meccanizzato fatto di gelatina, un ragno in grado di superare i miei sistemi di sicurezza rudimentali.
Da quel momento non ci ho più pensato, fino a poco fa, quando ho scoperto che quel ladro misterioso ha un nome: GENERAL VESTI.
Quei vigliacchi hanno prodotto e commercializzato la mia tuta per soli 99,99 euro! “Compratela ora o frignate per sempre!”, è lo slogan, il più idiota che potessero immaginare, eppure ne sono già stati prenotati 2537 esemplari. Si vede che l’idea era vincente. Mi sento male se penso che almeno la metà di quei 253.674,63 euro dovrebbe essere mia…
Ma sarà questo il problema?
Chi se ne frega dei soldi, dico, è davvero questo il problema? Ubaldo, mi chiedo, è proprio per questo che ti senti inadatto, instabile, imbecille? O non sarà che hai scoperto che quella ragazza vive non lontano da qui?
Non ho più il coraggio di uscire da quando l’ho incontrata, da quando mi ha visto uscire nudo dal cassonetto. Ho passato due settimane chiuso in casa, mi sono nutrito del cibo che mi hanno portato parenti e amici, ho spiato compulsivamente dalla finestra giù in strada: tre volte l’ho vista passare qui sotto e davanti al cassonetto sono sicuro che ha riso. Non platealmente, non sarebbe da lei, è una persona sensibile, lo sento. Diciamo che ha sorriso, eppure in quei momenti ho sentito il cuore saltare e mancare un colpo e ora mi domando: se mi sforzassi, se non mi ingannassi, confesserei che non è di vergogna che sto parlando?